una nuova vita

capitolo 8

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  1. lady_crossbow
     
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    Capitolo 8 : La bella e la bestia

    Il vento danzava con i miei lungi capelli ricci. Il paesaggio spoglio pareva infinito. Campi e campi, distese dorate di spine di grano. Vi era solo la strada che stavamo percorrendo a rompere la natura. L’unico oggetto grigio e materiale. Se non fosse stato per il rombo del motore, un profondo silenzio avrebbe regnato indisturbato. Vedendo il mondo così, nessuno avrebbe pensato ad un’apocalisse zombie. Era un luogo incontaminato dalla presenza di qualche putrefatto. Un normale tratto di campagna. Mi chiesi se mai un giorno tutto sarebbe tornato come una volta. Il nostro futuro, qual era? Imparare a condividere la terra con i mostri? Non sapevo cosa avrebbe potuto spettarci. Avevo incontrato persone che credevano nell’aiuto del governo, di centri scientifici. Ma ancora nessuno si era presentato con una soluzione. Perfino l’esercito si era arreso nel compiere missioni di salvataggio. Rimanevano infatti solo accampamenti abbandonati. Star lì, seduta su quel sedile di pelle, mi riportò alla mente vari ricordi del passato, memorie che ancora non ero riuscita a seppellire. Involontariamente, strinsi la presa, pensando a quei giorni in moto con mio padre.

    -Che cazzo stai facendo? – borbottò Daryl, guardandomi con la coda dell’occhio.

    Subito mollai i suoi fianchi, poggiando le braccia sulle mie gambe.

    -Niente..

    Che imbarazzo. Sbuffò, tornando concentrato sulla guida. Percepii bruciarmi le gote, ero sicuramente arrossita come una bimbetta. Chissà quale idiota idea si era fatto di me. Da quel punto in poi, non mi avvicinai più alla sua schiena. Evitando così di fare la tipica ragazza zainetto. Purtroppo, gli unici viaggi in moto li avevo condivisi con mio padre. Lui amava vagare in montagna, imbattersi in strade sterrate poco battute. Le poche volte che era presente, cercava sempre di passare molto tempo con me. E questo era il suo modo, montarmi in sella e partire. Da piccola ero felice di poterlo abbracciare per ore. Non mi ero minimamente accorta di star stringendo troppo Daryl. Tentai di pensare ad altro, non volendo soffermarmi ulteriormente sulla figuraccia appena fatta. Rick ci aveva ordinato di recuperare rifornimenti alimentari, avendo visto nelle vicinanze uno store. L’arciere, nervoso come al solito, si era limitato a prendere la Triumph, senza degnare l’amico di una risposta. Ancora non sapevo il motivo di tale rabbia, ma Daryl era parecchio scontroso, e ciò non mi faceva certo sentire molto a mio agio. Appena scorsi l’edificio, fui felicissima di poter stare più lontano dal burbero. Scendemmo ed entrammo nel supermarket, fiduciosi di trovare un buon bottino. Chiudemmo alle nostre spalle la porta e prima di saccheggiare il posto, decidemmo di fare un sopralluogo, in modo da liberarlo dai putrefatti. Udii alcuni versi gutturali in lontananza, ma per il resto mi parve tutto tranquillo. Non ce ne saranno più di cinque. Con passo cauto, prendemmo due corridoi diversi, ma paralleli fra loro. Fra uno scaffale e l’altro, infatti, potevo benissimo vedere Daryl avanzare desideroso di spaccare il culo a qualche non morto. Era a caccia. Nel reparto alcolici, un vagante passeggiava ignaro. Mi liberai la schiena dall’arco, estrassi una freccia e mirai con attenzione. Scoccai. Questa trafisse in pieno il malcapitato, ma un’altra freccia perforò la tempia. Cadde sul pavimento, in mezzo a qualche bottiglia di vino.

    -Era mio. – sentenziò l’arciere, recuperando il proprio dardo.

    Sputò a terra e riprese la caccia. Quell’uomo mi dava sui nervi. Non avevo ancora dimenticato di esser fuggita alla morte per poco. Potevo tranquillamente esser deceduta per mano sua. Raccolsi la mia freccia e lo seguii. Uccidemmo gli altri vaganti senza batter ciglio. Ormai ucciderli era diventata un’azione comune, normale. Non destava più alcun effetto od emozione. Anzi, era diventato quasi noioso e seccante. Essendo il perimetro sicuro, prendemmo qualche cestello rosso e ci dedicammo alla spesa. Maggie e Glenn, invece, si trovavano in un altro piccolo negozio, per recuperare le ultime lattine rimaste. Noi avevamo il compito di scoprire se vi fosse ancora del cibo e Dio volle che ce ne fosse molto. Ovviamente noi avremmo preso lo stretto necessario, in modo da riempire i tre borsoni che avevamo a disposizione. Il giorno seguente si sarebbero recati Michonne e Carl in auto, in modo da poterne prendere in quantità maggiore. Vidi Daryl camminare con un braccio in mezzo allo scaffale, spingendo i vari barattoli a terra. Il cestello si muoveva a causa dei piccoli calci che gli tirava, sperando che le lattine lo centrassero. Molte di queste però cadevano ai lati, producendo acuti suoni.

    -Che diavolo stai facendo? Smettila immediatamente di fare questo casino. Potresti attirare dei putrefatti.

    Lui si voltò, guardandomi torvo.

    -Come cazzo li chiami, putrefatti?!

    Non capii cosa ci fosse di tanto sbagliato.

    -Meglio che vaganti, se permetti.

    Mi diede nuovamente le spalle e continuò la scenata. Che stronzo. Ripresi il mio cestino e mi allontanai, recandomi nel reparto neonati. Judith aveva bisogno di latte in polvere e forse avrei trovato qualche altro oggetto utile. Infatti, notai alcuni ciucci rosa e delle coperte di molti colori. Afferrai tutto. Trovai persino qualche pannolino. La piccola avrebbe sicuramente gioito nel provarli, molto meglio di alcuni sporchi stracci. Poi passai nel reparto igiene femminile e riempii lo zainetto di assorbenti. Le ragazze mi avrebbero amata. Era complicato di quei tempi essere donna. Ciclo e dolori mestruali non aiutavano affatto. Terminati gli ‘acquisti’, cercai Daryl. Mi bastò seguire la scia dei vari prodotti. Stava controllando alcune bottiglie di superalcolici, fra una smorfia e l’altra, e quelle che non lo soddisfacevano, finivano con lo schiantarsi su una parete.

    -La vuoi smettere di fare il coglione? Hai già il cesto pieno, andiamocene.

    -Non rompere! – gridò, non distogliendo lo sguardo dalle etichette.

    Lo mandai a quel paese. Agguantai il suo cestello ed andai a riempire l’ultimo borsone rimasto. Lo aspettai fuori dal negozio, incazzata. Decisi così di sfogarmi sui pochi non morti che girellavano fra i marciapiedi. Estrassi da un borsello legato alla cinta, alcuni coltelli da lancio e, come una pazza furiosa, cominciai a tirarli, centrandoli. I marci corpi si accasciarono. Una volta recuperati e puliti, mi piazzai vicino alla moto, aspettando che lo stronzo avesse fatto i propri comodi. Questo uscì, si poggiò al muro dell’edificio, e si fece scivolare lungo di esso, fino a mettersi col culo a terra. Aprì una bottiglia e la sorseggiò.

    -Adesso vuoi anche metterti a bere? – chiesi seccata.

    -Lasciami stare.. – grugnì.

    Sbuffai, ormai stanca di sopportarlo. Raramente perdevo la pazienza, ma Daryl era da giorni che rispondeva male a tutti. Afferrai un bel sasso che avevo ai piedi e lo lanciai con forza sul dorso della bottiglia. Questa si frantumò, rovesciando il contenuto sul petto dell’arciere. Rabbioso, si alzò e mi raggiunse con fare minaccioso.

    -Cosa cazzo vuoi da me, eh? Ti ho detto di non rompere i coglioni.. è chiaro o sei deficiente?

    Sbraitava urlandomi in faccia e puntandomi con l’indice. I suoi glaciali occhi mi dilaniarono colmi di collera.

    -Sei tu il deficiente! Cosa cazzo ti prende? Non mi sembravi un coglione quando ti ho conosciuto.

    Un ghigno.

    -Non sai un bel niente di me, evita di dire stronzate!

    Invece, continuai. Volevo che si arrabbiasse, sfogasse tutto l’odio che aveva dentro. Volevo che mi sputasse addosso la verità, ciò che in questi giorni lo stava turbando tanto.

    -E tu evita di fare lo stronzo. Non ti sopporta più nessuno, rispondi storto a tutti. Cos’hai che non va, perché ti comporti così come se non te ne fregasse di loro?

    -Perché non me ne frega davvero niente, sono stanco delle loro buone parole ed anche di te!

    Mentiva, non era un bravo bugiardo. Teneva molto al gruppo, ma questo aveva fatto forse qualche torto all’arciere, probabilmente senza rendersene nemmeno conto, perché nessuno aveva la minima idea di cosa gli passasse per l’anticamera del cervello.

    -Sai benissimo che non è vero! Vuoi bene a quelle persone, ti si legge addosso. Mi basta vedere come guardi Rick, quasi fosse un fratello..

    Cazzo, pensai. Merle. Era Merle il problema. Perché nessuno alla prigione ne parlava? Quando sentì quella parola, mi afferrò velocemente la gola. Di conseguenza, premetti leggermente la punta di un coltello da lancio sul suo addome, in modo da invitarlo a non fare scherzi.

    -Io ho un fratello e a Rick non frega proprio un cazzo, se ci tieni tanto a saperlo. Se ne è andato da giorni e non mi permette di andare a cercarlo, con la scusa che gli servo..sai, nel caso arrivasse il Governatore.. – abbaiò.

    Mollò la presa, lasciando cadere il braccio lungo i fianchi, ed io feci lo stesso, allontanando la lama. Poi chinò la testa, fissando il marciapiede. Finalmente l’aveva detto, si era sfogato, liberando la rabbia che aveva costretto in sé. Continuò il discorso.

    -..ma è solo una cazzata, la verità è che non interessa a nessuno che fine abbia fatto. Danno per scontato che sia tornato dalla parte del bastardo.

    Mi sentii un verme. Quel ragazzo era in pena per il proprio fratello ed io che sapevo quale sorte gli era toccata, non potevo dirglielo. Capii il motivo per cui il gruppo non se ne curasse più di tanto, insomma, Merle non era un santo ed era stato proprio lui a portare Maggie e Glenn da Philip. Non credo che qualcuno lo avesse perdonato.

    -Se le cose stanno così, perché non sei andato a cercarlo e basta?

    Non mi rispose. Forse gli era difficile disubbidire a Rick. Non sapevo il perché, ma aveva una grande stima dello sceriffo, e probabilmente, sapeva in cuor suo che Merle se ne era davvero andato a Woodbury. Ad ogni modo, restava la sua famiglia. Merle rappresentava l’unica persona del passato. Era normale che ci soffrisse, ma a quanto avevo capito, Daryl era un tipo un po’ così, sempre scontroso e lunatico. Probabilmente il gruppo si era ormai rassegnato al suo atteggiamento. Tornai dentro il negozio e ne uscii porgendogli un’altra bottiglia dello stesso liquore, una grappa, ma egli scosse la testa. Allora mi sedetti vicino e bevvi quella forte sostanza. Mi bruciò subito la gola, riportandomi le immagini delle mie prime sbronze con gli amici del college. Gliela porsi nuovamente e stavolta accettò. Restammo per una decina di minuti in silenzio, a contemplare il quartiere fatiscente. Non mi chiese scusa per il tono della voce e il comportamento che aveva tenuto, ma mi parlò con gli occhi.

    -Daryl.. se Rick mi permette di uscire domani, potrei prendere il mio cavallo e far un’ispezione in zona. Magari sarà anche inutile, ma se può aiutarti a stare tranquillo.

    Attesi la sua risposta. Il silenzio ripiombò su di noi, più pesante di prima. Ma non mi lamentai, ero già soddisfatta del fatto che mi avesse confidato il problema. Speravo che appoggiasse la mia proposta, sarebbe stata un’utile scusa per tornarmene da Phil. Sarei partita all’alba ed avrei dovuto fare ritorno prima che facesse buio. Come priorità avevo quella di far cambiare idea al Governatore, sperando di trovarlo di buon umore. Sapevo di rischiare, ma dovevo comunque provarci. Loro meritavano una possibilità. Su Michonne però non mi ero ancora fatta un’opinione.

    -E’ facile da riconoscere, ha un coltello al posto di una mano.. – borbottò.

    Lo presi come un sì.


    *




    L’oscurità dominava lussuriosa sui nostri corpi e la natura circostante. Sebbene non mi trovassi a Woodbury, anche all’interno di quelle reti mi sentivo al sicuro. Erano passati ormai alcuni giorni da quando mi ero presentata ricoperta di viscere e domani speravo di poter rivedere Phil. Non avevo ancora parlato con Rick, essendo stato egli occupato tutto il giorno, ma adesso eravamo tutti seduti intorno ad un falò. Beth intonava dolci melodie, permettendo ad ognuno di noi di perderci fra i meandri della nostra mente. Quella voce ci cullava, incoraggiandoci quasi ad affrontare ricordi taglienti. Daryl era sdraiato, col naso all’insù. Scrutava quel mare sopra di noi, spumeggiante di stelle. Mi chiesi a cosa stesse pensando. Quel ragazzo aveva un mondo dentro. Poi, guardai Hershel. Occhi di un padre amorevole. Fissava le proprie figlie, tradendo un sorriso. Nonostante tutto, era felice di averle ancora accanto. Glenn stringeva la mano dell’amata, sperando di non doverla perdere mai, mentre Carl giocherellava con l’mp3 che gli avevo restituito poco fa, essendomelo dimenticata in tasca. Mi aveva ringraziato serio, grato non tanto per l’oggetto, quanto per la consapevolezza che gli avevo salvato la vita. Ancora non potevo dire di non sentirmi un’estranea in loro presenza, ma stare assieme a quel gruppo non mi dispiaceva. Michonne doveva provare lo stesso, anche per lei erano dei nuovi amici. Solo che lei non aveva niente da nascondere, a differenza mia. Io ero un nemico. Carol guardava l’arciere, con animo triste. Ella soffriva quanto lui. Rick, invece, con un braccio poggiato sul ginocchio, si massaggiava la barba pensieroso. Quando la canzone terminò, si scambiarono tutti un sorriso. Hersh si alzò e tutti lo emulammo, era l’ora di recarsi a letto. Beth si avvicinò lentamente, sussurrandomi qualcosa all’orecchio.

    -Grazie per gli assorbenti, ne avevo bisogno.. sai, quando sono gli uomini a prendere le provviste non ci pensano mai.

    Aveva perfettamente ragione. Il gruppo entrò nel blocco, tranne Rick che rimase seduto sull’erba.
    Mi accostai a lui, sperando che fosse lo sceriffo a pronunciar parola.

    -Grazie per aver pensato anche a Judith.. ora che ha il ciuccio è più tranquilla.. - disse pacato.

    Gli sorrisi, come per dirgli che non ci fosse bisogno di ringraziare, ed egli continuò.

    -.. a volte mi fermo a guardare oltre i cancelli, chiedendomi se il Governatore stia facendo la stessa cosa. Quanto tempo ci farà aspettare? Per quanto ancora vuole tenerci qui nel terrore di una sua mossa folle? Non temo per la mia vita, ma ho paura che qualcuno possa ferirsi o morire. Vorrei che capisse che questa guerra è inutile.. ma in fondo è giusto così, abbiamo ucciso alcuni dei suoi uomini. Anch’io farei lo stesso. Solo che non sopporto quest’attesa.

    -Pensi che ci sia la possibilità di una resa?

    Storse le labbra.

    -No, quell’uomo ha troppo orgoglio. Non scenderebbe mai a patti. Non sarà felice finchè non ci avrà sterminato.

    -Sembra che tu lo conosca bene..

    -L’ho visto solo due volte.

    -E ti è bastato per capire?

    -Oh sì, ho visto me in lui.

    Allora compresi perché era tanto sicuro di una battaglia. Per quanto Philip fosse un bastardo ai loro occhi, Rick sapeva che nei suoi panni avrebbe agito ugualmente. Se qualcuno avesse ucciso Carl o Glenn, ad esempio, lui avrebbe massacrato i colpevoli. Era una bomba inesplosa, anch’egli sapeva esser pericoloso. Dopotutto, come mi aveva detto il primo giorno che ci eravamo incontrati, se avessi ferito qualcuno, mi avrebbe ucciso immediatamente. Avrebbe fatto di tutto per mantenere integro il gruppo. Aveva scelto di armarsi invece che scappare, ma non sapevo se in fondo fosse la scelta giusta. Se lo chiedevano tutti. Dovevo parlargli della mia uscita, trovare una scusa credibile, ma preferii dire una cosa semplice, chiara e schietta, senza apparire preoccupata di una sua decisione, come se avessi già scelto per conto mio. Ora che era in uno stato riflessivo, poco turbato e affatto nervoso, sarebbe stato il momento adatto, inoltre mi parve stanco, quindi, probabilmente, non avrebbe polemizzato più di tanto. Aspettai un poco prima di interrompere il flusso dei suoi pensieri.

    -Rick, ascolta.. domani mattina prendo il cavallo ed esco, tornerò prima del tramonto. Ho bisogno di stare un poco da sola.

    Si massaggiò il collo, scocciato.

    -Non me lo stai chiedendo..- replicò.

    -Te lo sto solo dicendo.

    Mi alzai e mi diressi alla prigione, lasciando che tornasse ai propri problemi. Mi spiacque non essergli stata d’aiuto, non dico consolarlo, ma almeno discutere sul da farsi. Purtroppo non ero dell’umore giusto. Anch’io avevo le mie crisi e non avevo la minima idea di come uscirne. Odiavo la situazione in cui io stessa mi ero cacciata. Se avessimo fatto come aveva proposto Phil, ci saremmo presentati con tutti gli uomini e li avremmo uccisi a sangue freddo. Adesso, invece, mi ero affezionata, li avevo conosciuti. Come avrei potuto ammazzarli guardando loro negli occhi senza provare niente? Il senso di colpa mi avrebbe divorata. Quando aprii la porta, scorsi nell’angolo della struttura una piccola fiammella che subito scomparve, lasciando posto ad un punto rosso. Una sigaretta. Catturata dalla curiosità di scoprire chi fosse un fumatore, raggiunsi quella flebile fonte di calore. Non fui stupita di trovare Daryl.

    -Allora, che ti ha detto? – domandò aspirando.

    -Non gli ho chiesto il permesso.

    Ridacchiò immerso nel fumo.

    -Cosa ti spinge ad uscire? Non sono un’idiota, non lo fai per mio fratello.

    -Devo andare a fare una cosa, per me.. dal momento che sono fuori, ne approfitto.

    Non mi chiese cosa dovessi fare, sapeva benissimo che non gli avrei fornito risposta alcuna. Mi porse un pacchetto di Marlboro.

    -Ne vuoi una? Le ho trovate addosso ad uno di quei pezzi di merda.

    La sua mano restò sospesa. Non avevo mai fumato una sigaretta. Odiavo quell’odore, le schifezze di cui era composta. Ma adesso, che male avrebbe mai potuto fare? Un’innocente sigaretta, del tabacco chimico. Perciò, accettai quell’oggetto. Cercò di infiammare l’accendino, ma scattava a vuoto senza produrre una fiamma. Borbottava con la cicca fra le labbra, impegnato nell’agitare quell’affare. Feci scorrere la cerniera interna della mia giacca di pelle e ne tirai fuori lo zippo che avevo rubato a quel ragazzo in tenda. Daryl lo afferrò di colpo, prendendomi alla sprovvista. Se lo girava fra le dita, cercando un raggio lunare che gli permettesse di scorgere le varie incisioni presenti sulla sua superficie. Per una frazione di secondi, la mia mente lo paragonò ad un primitivo. La fronte corrucciata, l’espressione, i modi goffi e burberi, lo studio per l’oggetto metallico. Sembrava un uomo primitivo alla presa con un arnese mai visto prima.

    -Cosa c’è scritto?

    Gli sarebbe piaciuto senz’altro.

    -Fottiti.

    Mi guardò divertito, scrutandomi da dietro i castani ciuffi che gli ricoprivano parte del viso. Quel ragazzo mi suscitava qualcosa, non so se fosse a causa del suo sguardo particolare o semplicemente per il suo modo di essere, ma riusciva ad innervosirmi e incuriosirmi allo stesso tempo. Stanca di aspettare, lo privai dello zippo con un rapido scatto. Conteneva ancora del liquido infiammabile, perciò si accese senza problemi. Tirai un profondo respiro, inalando quella sostanza tossica. La gola stramazzò, iniziando a bruciare, come se qualcuno la dilaniasse dall’interno. Mi trattenni dal tossire. Dovevo evitare una seconda figuraccia, già lo avevo abbracciato come una bambina, se avessi poi iniziato a tossire come una tredicenne alle prime armi, mi avrebbe sfottuta a vita. Per fortuna era notte e questo giovò alla mia reputazione. L’oscurità nascose il mio volto rosso peperone. Gettai fuori ciò che avevo nei polmoni, liberando nell’aria una nuvola bianca. Daryl mi squadrò in silenzio. Mi sta giudicando, ti prego fa che non se ne sia accorto. Era stata una pessima idea accettare una sigaretta. Ad ogni modo, egli non infierì. Poggiai lo zippo sul suo petto e me ne andai con quella stretta fra le labbra, fingendo una camminata disinvolta. Ma appena entrai nel blocco, mi fiondai nei bagni e tossii come una dannata. Smembri zombie e non sai fumare, sei proprio una cogliona Kendra, pensai.
     
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  2. SLincoln
     
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    Yeeeee bellaaaaaa
     
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  3. Maggiestar
     
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    CITAZIONE (SLincoln @ 19/1/2015, 20:20) 
    Yeeeee bellaaaaaa

    troppo bella! stupendo questo capitolo, anche se con meno azione. Lo scambio di battute fra i due :looooooooool:
    Mi piace anche il titolo ahah
     
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  4. Iggy
     
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    Mi piace il Daryl descritto qui e la storia prosegue molto bene, aspettiamo il nuovo capitolo! :D
     
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3 replies since 19/1/2015, 19:40   40 views
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