una nuova vita

capitolo 4

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  1. lady_crossbow
     
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    Capitolo 4 : Le tre domande

    Speravo di dover abbandonare queste solide mura dopo molto tempo ed invece eccomi qui. Zaino in spalla, bowie sul fianco destro, tirapugni bilama e glock 19 mm sul sinistro, arco e provviste caricate sul cavallo. Gli abiti? Beh, gli stessi con cui ero arrivata il giorno prima. Dovevo essere credibile. Avevano l'aspetto di averne passate tante, rovinati, finiti. Erano solo perfettamente puliti e profumati, avrei dovuto rotolarmi nel bosco. Se mi trovavo in questa situazione, era gran parte colpa mia. Forse avremmo potuto trovare un altro modo, ma in realtà, nel profondo, sapevo di essere contenta. Ero felice di potermi infiltrare, bramavo il loro incontro, desideravo conoscere i loro volti, i loro segreti. Temevo anche di fallire, di non essere accettata. A quanto diceva Phil, il loro capo dava i numeri, non era stabile. Avrei dovuto fare molta attenzione, essere cauta. Era una missione e nient'altro. Dovevo mettere da parte la voglia di far vendetta e tagliare gole, restando impassibile in loro presenza. Non potevo mandare tutto all'aria a causa del mio atteggiamento negativo. L'esercito e il duro addestramento mi avevano insegnato a prendere di vista unicamente la buona riuscita di una missione. I dettagli, la disciplina, dovevo avere cura di questi aspetti. Il governatore, Milton e l'intera Woodbury contavano su di me. Avevo promesso loro che ce l'avremmo fatta. Così deve essere. Non fallirò. Il padre di Matt, l'addetto alla stalla, si avvicinò dopo aver sistemato la sella.

    -Il cavallo è pronto, e tu?

    -Credo di sì.

    Accennò un lieve sorriso, salutandomi con gli occhi lucidi. Sapevo cosa provava, non avrebbe voluto vedermi partire. Mi voleva bene quell'uomo, quasi fossi anch'io sua figlia. Ma non poteva dirmi niente, il viaggio che avevo deciso di intraprendere era rivolto anche a lui. Mi incamminai assieme al cavallo, fermandomi sulla soglia dei cancelli. Martinez non mi rivolse parola. Ancora offeso? Mi chiesi se sapesse che fine aveva fatto Merle. Gli abitanti della cittadina mi osservavano malinconi e grati allo stesso tempo. Rischiavo anche di non far ritorno. Cercai di mostrarmi positiva, sorridente, ma avevo lo stomaco in sobbuglio. Maledetti nervi. Ero stressata, stanca. Non mi ero ripresa ancora del tutto dal pellegrinaggio invernale. Ma ardevo di giungere al traguardo.
    Milton non si fece vivo ed io non potevo aspettare oltre. I cancelli furono aperti, dopo aver controllato che il perimetro fosse libero. Phil mi accompagnò per un tratto, restando muto e pensieroso. Non fu piacevole udire nuovamente lo scricchiolio delle foglie secche. Sebbene fosse estate, molti alberi erano già spogli. Mentre osservavo i nudi rami che vertevano e si intrecciavano fra loro, la mano di Philip sfiorò la mia, ancora fasciata. Gli uomini di vedetta fingevano di guardare altrove.

    -Kendra..

    Mi strinse a sé delicatamente. Percepivo il suo caldo respiro sul collo. Un brivido mi percorse la schiena, tanto da spezzarmi il fiato. Una sua mano sulla vita, l'altra posata sulla guancia. Restammo così, come in attesa. Godemmo di quell'istante, fermo e perfetto. Avevo sempre amato i suoi occhi cristallini, di ghiaccio puro, ma adesso solo uno si posava sui miei. Ed era bello, era bello lo stesso. Quella benda non aveva affatto rovinato quei bei lineamenti. Era sempre lui, era sempre Philip. Forse più maturo, cambiato, potente. Ma restava l'uomo che avevo conosciuto. Quella situazione fiabesca terminò con un suo bacio. Le sue labbra premettero con decisione sulle mie, le quali risposero alla loro invocazione spalancandosi. Le nostre lingue si incontrarono, scambiandosi dolci effusioni, come due amanti infuocati dall'eros. Il mio cuore schiamazzò. Sarei morta fra le sue robuste braccia. Il rimorso apparve, avrei preferito restare. Ma non potevo più tornare indietro ormai. Lo facevo soprattutto per lui. Quando le nostre bocche si congedarono, mi sentii vuota.
    Desideravo un altro bacio, un altro lungo saluto.

    -Se qualcosa dovesse andare storto o se la situazione diventasse troppo complicata, ti prego.. corri da me. Non potrei accettare l'idea di perderti.

    Posai l'indice sulle sue labbra umide.

    -Non accadrà, fidati di me.

    Diede un veloce bacio anche al dito, prima di puntare alla mia fronte. Era così protettivo, premuroso. La preoccupazione e l'ansia erano chiaramente visibili sul suo volto. Gli avrei dimostrato ancora una volta di cosa fossi capace. Ci separammo, come se niente fosse. Un flebile 'a presto' e proseguimmo per direzioni opposte. Io tornavo alla natura, al pericolo, alla realtà. Lui tornava a casa, al sicuro, al comando. Fu frustante ripercorrere quella malinconica strada, notare le tracce sulle cortecce e i torsoli di mela marci a terra. I vermi si aggruppavano viscosi ed affamati su quei miei avanzi, strisciando convulsivamente. Mentre fissavo schifata quella poltiglia, due vaganti mi notarono. Staccarono i loro neri denti dalla carcassa di un animale, un cinghiale presumibilmente, e protrassero la mascella quasi volessero già pregustarmi. Una donna e un uomo, o quello che ne restavano. Fortunatamente erano ben distanti, il giusto per permettermi di impugnare l’arco e tenere in tensione la corda. Chiusi l’occhio destro, concentrandomi. Presi di mira l’uomo, quello più veloce. Trattenni il respiro e scoccai la freccia.Che bella sensazione. Amavo tirare con l’arco, era più soddisfacente. Sparare con un arma da fuoco risultava più semplice. Certo, se mi fossi trovata di fronte un branco di zombie, un ak-47 avrebbe fatto molto più comodo, veloce ed efficace. L’arco era un’arma da distanza. Non era adatto a tutte le situazioni, ma quando capitava la possibilità, la coglievo al volo. Il vagante si accasciò esamine. La donna inciampò su di esso, rompendosi il femore. Tale condizione non la fermò, non pose fine alla caccia. Come i vermi vicini alle scarpe, questa si dimenava cercando di raggiungermi. Le andai incontro. Un calcio dritto in faccia. La mandibola si staccò, bagnandomi di sangue agglomerato la gamba. Poi, il colpo finale. Le schiacciai il cranio, che si appiattì come burro nel fango. Ripresi la freccia coperta di materiale organico e la pulii sulla maglietta. Dovevo sporcarmi. Una volta in groppa al cavallo, distesi sulle cosce la mappa su cui era segnato il tragitto. Una grossa x spiccava, quasi fosse la mappa di un tesoro. Beh, dopotutto quella era il mio tesoro. Le mie prossime prede. Cavalcai velocemente, sicura di me. Pensai alla notte precedente, alla confessione di Phil. Merle, morto. Ucciso senza apparente motivo. Ma forse il termine adatto era giustiziato. Sì, quella era stata una piccola vendetta personale. Philip non aveva perdonato il suo gesto, non gli era importato che avesse fatto ritorno per chiarire la questione. Come diceva Martinez, ci aveva traditi. Quante cose non mi aveva ancora raccontato? Quante verità taciute? Non avevo affatto perduto la fiducia in quell’uomo, ma mi ero resa conto di cosa fosse capace. Speravo che la conquista della prigione placasse la bestia. Non desiderava altro. Ed io avrei fatto di tutto per compiacerlo. Insomma, anch’egli doveva esser felice. Ma il contorto destino di Merle mi distruggeva. Perché diavolo era tornato indietro? Aveva di nuovo suo fratello, o meglio il marmocchio. Così lo chiamava. Perché aveva sentito il bisogno di dover chiudere i rapporti diplomaticamente? Non riuscivo a capacitarmene. Non era da lui. Milton mi aveva spiegato la sua ipotesi, una volta usciti dalla casa del governatore. Era convinto che si sentisse in debito. Riteneva che fosse tornato per mettere una pietra sopra alla faccenda. Avrebbe vissuto alla prigione con il nemico, zero rimpianti. Ma Phil.. Phil non poteva lasciarlo andare, non gli avrebbe permesso di voltargli le spalle nuovamente. Aveva scelto loro a lui. La sua scelta, la sua condanna. Così si era dichiarato innocente. Così, col sorriso sulle labbra, appagato da se stesso, aveva detto : ognuno è artefice del proprio destino. Avevo l’amaro in bocca. Non potevo fare niente ormai. Chissà come si erano salutati lui e il fratello, chissà se forse lo stesse ancora aspettando. Un poco mi spiaceva, lo ammisi. Uccidere suo fratello mi sarebbe stato difficile. Avrei visto nel suo volto quello di Merle. Ad ogni modo, cercai di fuggire da tali pensieri spinati come rovi di more e posai l’attenzione su una tenda da capeggio intrisa di sangue. Bloccai la corsa del cavallo, il quale impennò violentemente, nitrendo. Scusami. Scesi ed accarezzai il suo muso col palmo, in modo da calmarlo. Sfoderai il bowie e facendo attenzione, con passi lenti e felini, sbirciai all’interno della tenda. Dei ratti sgusciarono fuori nel panico. Il corpo sembrava essere di un adolescente. Un foro sulla tempia, una magnum stretta in mano. Si era tolto la vita. Intelligentemente almeno. Controllai fra i suoi oggetti e trovai solo cartacce e scatolette più che scadute. Frugai nelle sue tasche. Un accendino ed una torcia funzionante. Un buon bottino. Montai in sella ed il cavallo partì. Non si trattava di un semplice accendino, ma di uno zippo inciso. Sopra vi era inciso : fuck you. Ironico. Finalmente vidi emergere dalle chiome una torre in lontananza. Mi morsi il labbro. Era arrivato il momento di entrare in scena, calarmi nella parte. Quando fui abbastanza vicina e riparato allo stesso momento, osservai i movimenti all’interno del recinto. Un uomo anziano, ma non troppo, stava annaffiando un pezzo di terra coltivato. Si poggiava su delle stampelle. La gamba.. non riuscivo a vedere bene, ma forse era ferito. La fronte rugosa. Capelli e barba fitti, come neve. Aveva un’espressione serena. Probabilmente si è ferito durante l’attacco. Un ragazzino con un cappello da sceriffo ed un uomo asiatico stavano puntando dei tronchi lavorati nel terreno, poggiandoli sulla recinzione, facendo in modo che reggessero il peso dei molteplici vaganti adagiati alla rete d’acciaio. Mi spostai, cercando un’altra visuale. Dal nuovo scorcio potetti notare altri individui. Una donna magra e slanciata ridacchiava con un’altra più bassa. La prima era castana, capelli corti all’altezza della mascella, la seconda invece bionda, con il crine raccolto in una coda. La biondina teneva qualcosa in braccio, ma non riuscivo a capire cosa fosse, essendo rivolta di schiena. Una porta di ferro rossa del blocco C si spalancò. Da questa uscì un uomo sulla trentina. Capelli corti, mossi, castani chiari. Barba incolta, affatto curata. La sua corporatura sembrava fragile, ma si capiva dalla mani strette in pugni quanto fosse solo apparenza. I nervi affioravano sugli avambracci scoperti. Indossava una camicia marrone, con le maniche arrotolate, e dei pantaloni scuri. Era armato, una fondina. Tutti si voltarono per guardarlo e questo si avvicinò all’entrata della recinzione unicamente per controllare il lavoro svolto dall’asiatico e il bambino. La sua fronte, perennemente corrugata. Gli occhi vigili, attenti ad ogni più minuzioso particolare. Per quanto il suo tono muscolare trasmesse calma, il suo sguardo aveva un qualcosa di folle e razionale alle stesso tempo. È lui. Non ho dubbi, è il capo. Rick. Nel cortile della prigione erano presenti solo questi pochi individui. Gli altri avrebbero potuto essere dentro od occupati in qualche ricerca di provviste. La situazione generale era pacifica, piatta. Si erano organizzati bene, la prigione era diventata praticamente una villetta. Orto, maiali, cavalli, barili pieni d’acqua, delle casse ricche di armi e munizioni, un barbecue. Niente male. Come potevano aver colto di sorpresa Philip? Erano davvero così pericolosi? Non sembravano il tipo di uomini da cui mi avevano messo in guardia. Per avvicinarmi senza dover far fronte alla quarantina di non morti presenti, avrei dovuto imbrattarmi col loro sangue. Poi guardai il cavallo. Stavolta tocca anche a te. Discesi dalla leggera altura su cui ero giunta e costeggiai a distanza il perimetro del recinto, restando sempre nascosta fra le numerose fronde. Mi servivano almeno due vaganti per il cavallo. Bingo! Il mio desiderio fu accolto. Uccisi i due non morti e con il bowie aprii il costato. Tuffai le mani in quella brodaglia color pece. Un miscuglio di sangue ed organi putrefatti. Grondante di quella merda, ne spalmai anche sul dorso del cavallo, il quale non sembrò apprezzare. Si muoveva continuamente, cercando di sfuggirmi. Fui costretta a legare le redini ad un albero. Finita la scena ridicola, mi incamminai verso l’obiettivo, profumata come una rosa. Il cavallo mi restava vicino, incollato quasi. Molto coraggioso. Avvertiva chiaramente il pericolo. Non so perché, ma trattenni il respiro. Passai in mezzo a quella massa putrefatta. Nessuno di quei mostri si curava di noi. D’un tratto una donna, che prima non avevo notato, mi vide. Mantenni lo sguardo fisso sul suo. Magra, volto un poco scavato. Sofferente. Non tanto nel fisico quanto nell’animo. Capelli spettinati, cortissimi e grigi. Rimase interdetta per una ventina di secondi, finchè non decise di indietreggiare ed esortare Rick a voltarsi. Questo mi squadrò, confuso e sospettoso. Restai ferma, immobile. Gli zombie si muovevano intorno a me, producendo i loro soliti grugniti. Dovetti impegnarmi molto nel celare l’odio che provavo nei suoi confronti. Lo mascherai, sostituendolo con una richiesta d’aiuto. Comunicammo così, senza parole. Urlò il nome Carl ed il ragazzino corse ad attivare il meccanismo dello strano cancello triangolare che avevano ideato. Particolare ed efficiente. Quello fu il segnale. Aveva deciso di farmi entrare, ma era troppo presto per cantare vittoria. Farmi varcare quella soglia significava solamente aprire un dialogo. Non potevamo certamente conversare divisi dai recinti e non solo, parlare in mezzo agli zombie sarebbe stato controproducente. La donna dai capelli argentati mi puntò la canna del fucile alle tempia. Gli altri si posizionarono alle spalle del capo. Nessuno apriva bocca. Rick continuava a fissarmi. Il suo sguardo sembrava quasi perso. Fece qualche passo in avanti e posizionò la mani sui fianchi.

    -Chi sei, come ti chiami?

    Il tono era graffiante. Dovevo mantenere la calma, sembrare innocua. Non aveva ancora deciso.

    -Mi chiamo Kendra, Kendra Moore.

    La mia voce uscì decisa, ma morbida.

    -Sei sola? Hai un gruppo nelle vicinanze?

    -Sono sola.

    Spostai lo sguardo sul fucile. Rick comprese. Fece un cenno e la donna abbassò l’arma. Notai che il vecchio non era ferito, ma aveva una protesi. Una fottuta protesi artigianale e perfetta.
    -Bene. Kendra, adesso ti farò tre semplici domande. Rispondimi sinceramente e sei parte dei nostri.. se è quello che vuoi.

    La donna armata non sembrò esser d’accordo. Di nuovo alzò il fucile.

    -Cosa stai dicendo? Non sai nemmeno chi è questa. Non puoi farla entrare.

    -Carol, abbassa l’arma.

    -Prima dimmi perché diavolo vuoi farla stare con noi? Potrebbe essere pericolosa.

    Carl mi guardava minaccioso. Faceva l’adulto.

    -E perché non dovremmo? – disse il vecchio – dopotutto è sola, che male potrebbe mai fare? E se dovesse mostrarsi una minaccia, potremmo tranquillamente cacciarla.

    Il suo volto, i suoi occhi blu. Quell’uomo era la bontà fatta persona. La ragazza castana annuì.

    -Mio padre ha ragione.

    Bene, quindi l’anziano era il padre della fichetta. La stronza si chiamava Carol ed il bambino cocciuto Carl. Philip aveva fatto bene a non descrivermi i vari componenti del gruppo e a non menzionare i loro nomi, fatta eccezione per Michonne. Qualsiasi informazione sarebbe potuta sfuggirmi e di conseguenza mandare al diavolo l’intera operazione.

    -Papà, perché la vuoi con noi?

    -Carl, ci serve aiuto. Ci servono persone disposte a lottare con noi, nel caso quel pazzo del Governatore dovesse attaccarci.

    In quell’esatto istante avrei voluto gettarmi a terra dalle risate. Dio, che situazione assurda. Carol ritrasse il fucile e se ne andò indignata. L’unica intelligente ci aveva abbandonati, se solo l’avessero capita. Il gruppo non si scompose, forse erano abituati alle sue scenate. Molto irascibile. Il vecchio scrutò Rick e sorrise. Aveva visto qualcosa che mi ero persa, aveva compreso che il capo stava cambiando. Da come mi avevano descritto le dinamiche di questi sopravvissuti, Rick doveva rappresentare un folle. Un folle che non avrebbe comunque permesso l’entrata di un nuovo membro.

    -Tornando a noi.. quanti vaganti hai ucciso?

    Uh, una delle tre domande.

    -Non ho tenuto il conto.

    Inclinò leggermente la testa.

    -Quante persone hai ucciso?

    Una, ne ho uccisa una sola. Mia sorella.

    -Da quando è scoppiato l’inferno, una soltanto. Ero un soldato, ho dovuto uccidere in passato.

    Detto questo, scrollò le spalle. Abbassò lo sguardo.

    -Perché?

    Gli occhi tornarono a me.

    -Era infetta.

    Edited by lady_crossbow - 11/1/2015, 14:13
     
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  2. SLincoln
     
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    * APPLAUSO *
     
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  3. lady_crossbow
     
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    CITAZIONE (SLincoln @ 9/1/2015, 23:24) 
    * APPLAUSO *

    *si commuove*
     
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  4. SLincoln
     
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    Mi piace tantissimo il modo di descrivere accadimenti, situazioni e altri piccoli dettagli
     
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  5. lady_crossbow
     
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    Grazie :)
    ho cercato di impostare una struttura alternata da passaggi descrittivi e riflessivi .. ed ho pensato di seguire in parte la trama originaria, modificando qualche dettaglio!
     
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  6. SLincoln
     
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    Continua su questa linea ;-)
     
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  7. lady_crossbow
     
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    CITAZIONE (SLincoln @ 10/1/2015, 15:06) 
    Continua su questa linea ;-)

    Certamente! ho già pronto il capitolo 5.. se stasera ho tempo, lo pubblico :D
     
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  8. T-BONES
     
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    CITAZIONE (lady_crossbow @ 10/1/2015, 16:58) 
    CITAZIONE (SLincoln @ 10/1/2015, 15:06) 
    Continua su questa linea ;-)

    Certamente! ho già pronto il capitolo 5.. se stasera ho tempo, lo pubblico :D

    non vedo ancora nessun capitolo *cofcof*
     
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  9. lady_crossbow
     
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    CITAZIONE (T-BONES @ 11/1/2015, 13:51) 
    CITAZIONE (lady_crossbow @ 10/1/2015, 16:58) 
    Certamente! ho già pronto il capitolo 5.. se stasera ho tempo, lo pubblico :D

    non vedo ancora nessun capitolo *cofcof*

    arrivaa :zombie:
     
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8 replies since 9/1/2015, 21:48   47 views
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